Due grandi Etna rosso con un tannino quasi langhetto
Quando Etna chiama, con i puntuali articoli, ultimo questo, dell’amico Renato Cangemi che ho la fortuna di pubblicare qui, “picciotto” Ziliani obbedisce e pur non avendo un centesimo della conoscenza del territorio (beh, è casa sua) di Renato, che l’Etna e le sue contrade le conosce palmo a palmo, io, che, accidenti a me, sulla magica Muntagna non sono ancora riuscito a salirci, quasi ci fosse un malefico incantamento che mi impedisce di ascendervi e girarne vigne e cantine, cerco di replicare da par mio con l’unica arma che ho. Assaggiare, anzi bere, vini della più interessante delle denominazioni siciliane, e una delle più emozionanti denominazioni dell’Enotria tellus tutta, e quando ne resto folgorato, cosa che mi accade diciamo in 8 casi su dieci, provare a raccontarveli.
Io sono un fan in particolare dei bianchi dell’Etna e dei raffinatissimi rosati (tenetevi pronti, a giorni vi parlerò di un raffinatissimo 2019, targato Benanti) e trovo che ci siano metodo classico dell’Etna di una qualità sensazionale, e quanto ai rossi, anche se ho già bevuto dei formidabili vini base Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, credo che l’Etna debba ancora ragionare e crescere.
Il secondo Etna Rosso l’ho scoperto per puro caso lo scorso settembre, quando per un puro caso, per il tramite di una persona che doveva venire con me e mi ha fatto invitare, Carol Agostini, mi sono recato, quel giorno era con me un’altra donna dell’Est, la mia cara amica sommelier polacca, ma operante a Milano in un’enoteca cinese in via Paolo Sarpi al 7, Lucia Niedzielak, nell’incanto di Villa Carlotta a Belgirate, a pochi chilometri da Stresa, in riva al fascinoso Lago Maggiore, per la manifestazione Belgirate Che bolle, inventata da una persona che ormai è un amico, Silvio Bruni.
Nei due giorni trascorsi assaggiando tante cose buone, quasi tutte di aziende che non conoscevo, dalla Psigula con il suo Bramaterra alla pugliese Domus Hortae a Ezio Poggio nei Colli Tortonesi, ho dedicato diverso tempo ad assaggiare i vini presenti in una postazione tutta dedicata all’Etna e ai suoi vini. Tutte cose buone, selezionate da un’appassionata e gentile Signora, Simonetta Salari, alias Il mondo in un bicchiere, e sono rimasto folgorato dai vini, bianco e rosso, di un’azienda a me totalmente ignota. Si chiama, anche se cercate su Internet troverete poco, Spuches Nunziata, si trova a sua volta a Castiglione di Sicilia, in contrada Rampante, e il proprietario è un signore, simpaticissimo, ci ho parlato poi un paio di volte al telefono, dal cognome assolutamente non siculo ma sembrerebbe lombardo, Treffiletti.
Cercando in rete, ho scoperto che i proprietari della piccola tenuta, i fratelli Treffiletti, Vincenzo e Valerio, “continuano il lavoro del nonno Vincenzo, agricoltore dal 1958 fino all’età di 93 anni. L’azienda porta il nome della nonna, Spuches e si trova tra i 700 e gli 800 metri sul livello del mare, in una zona ben ventilata. Seppur da generazioni la Famiglia Spuches-Treffiletti coltiva queste terre, solamente dal 2015 ha iniziato a produrre i propri vini, un Etna rosso Doc ed un Etna bianco Doc, per un totale di 4.500 bottiglie. La maggior parte della produzione è destinata all’estero, in particolare a Stati Uniti, Danimarca e Slovacchia. I fratelli Treffiletti hanno deciso di raccogliere l’eredità del nonno e portare avanti il suo sogno, quello di produrre il loro vino da quei vigneti a lungo coltivati con varietà autoctone. La tenuta, costellata da ginestre, da altre piante locali, e grandi pietre laviche, che sembrano quasi messe lì ad arte, si estende per circa otto ettari, di cui, attualmente, gli ettari di vigneto sono due e mezzo, tra viti giovani ed ultranovantenni e sono in programma nuovi impianti”.
https://vinoalvino.org/blog/2021/03/etna-rosso-carranco-e-badalarc-spuches-2017.html